“Ti rendi conto che sono proprio come ragazzi normali” – La visione unica di Finn Fisher-Black sulla vita da compagno di squadra di Pogacar, Vingegaard e presto Evenepoel

Nel mondo scintillante del ciclismo professionistico, dove le luci dei riflettori spesso si concentrano solo sui grandi campioni, emerge una voce fresca, autentica e sorprendentemente umana: quella di Finn Fisher-Black. Il giovane neozelandese, ormai parte integrante del gruppo di Tadej Pogačar e con l’orizzonte di condividere presto la strada anche con Jonas Vingegaard e Remco Evenepoel, ha rilasciato una dichiarazione che colpisce per semplicità e profondità: “Ti rendi conto che sono proprio come ragazzi normali”.

Queste parole, in apparenza banali, racchiudono un mondo di significati. Perché al di là dei watt stratosferici, delle vittorie leggendarie e della pressione mediatica, ciò che Fisher-Black ha imparato vivendo accanto ai più grandi è che sotto il casco e la maglia, prima di tutto, ci sono persone.

Pogacar, il campione che ride e scherza

Quando si pensa a Tadej Pogačar, la mente corre subito ai suoi attacchi devastanti in salita, alle due vittorie consecutive al Tour de France e al dominio nelle classiche. Ma per Fisher-Black, l’immagine più viva non è quella delle montagne, bensì quella del compagno di squadra che scherza in pullman, che ride anche dopo una giornata durissima, che riesce a mantenere una leggerezza contagiosa.

“Pogačar è uno che non si prende mai troppo sul serio” racconta Fisher-Black, “anche se tutti lo vedono come un fenomeno, per noi in squadra è semplicemente Tadej: un ragazzo che ama divertirsi, che ti fa sentire a tuo agio e che, in fondo, ti ricorda perché abbiamo iniziato tutti ad andare in bici da bambini”.

Vingegaard, la calma dietro la maschera

Con Jonas Vingegaard, l’approccio è diverso ma altrettanto sorprendente. Il danese, campione del Tour de France nel 2022 e nel 2023, è spesso percepito come glaciale, impenetrabile, quasi robotico. Eppure, Fisher-Black sottolinea come la realtà sia molto più umana.

“Jonas è tranquillo, riflessivo, ma quando lo conosci meglio capisci che è una persona con una sensibilità profonda, che ama la sua famiglia e che porta con sé una calma che rassicura chi gli sta intorno. È il tipo di persona che non alza mai la voce, ma che con uno sguardo riesce a trasmettere sicurezza”.

L’attesa per Evenepoel

Se Pogačar e Vingegaard sono già presenze reali nella vita ciclistica di Fisher-Black, l’arrivo di Remco Evenepoel aggiungerà presto una nuova dimensione. L’iridato belga, esplosivo, spesso visto come una forza della natura più che come un corridore, porta con sé un’aura di talento puro e, a volte, di carattere vulcanico.

“Non vedo l’ora di condividere più tempo con Remco” confessa Fisher-Black. “Dall’esterno sembra sempre in missione, determinato e concentrato. Ma sono curioso di scoprire anche il ragazzo che c’è dietro l’atleta: quello che ride, che scherza, che si gode le piccole cose. Perché so che anche lui, in fondo, non è diverso da noi”.

La normalità che sorprende

Le parole di Fisher-Black non sono solo una riflessione personale, ma un promemoria per chi guarda il ciclismo da fuori. È facile mitizzare i campioni, trasformarli in figure quasi sovrumane, dimenticando che anche loro hanno paure, fragilità, sogni semplici.

“Quello che ho imparato” spiega Fisher-Black, “è che se togli i risultati, i trofei, i contratti milionari, restano ragazzi che amano andare in bici, che hanno giornate storte, che si arrabbiano, che si divertono come tutti noi. Ed è questo che rende il ciclismo così speciale: la vicinanza tra l’eroe che vedi in TV e la persona che conosci nel bus della squadra”.

Il valore di un compagno di squadra

Infine, l’osservazione di Fisher-Black ci ricorda l’importanza di chi lavora dietro le quinte, lontano dai riflettori. I gregari, gli uomini di supporto, coloro che costruiscono le vittorie dei leader senza salire sul podio. Fisher-Black non solo porta borracce, non solo copre i capitani dal vento, ma custodisce anche uno sguardo privilegiato: quello che vede l’essere umano prima del campione.

E in questo, forse, risiede la sua forza: nel saper raccontare con naturalezza che Pogačar, Vingegaard ed Evenepoel, al di là di ogni leggenda, sono semplicemente ragazzi che vivono la loro passione, proprio come tutti gli altri che pedalano per strada.

In un mondo che troppo spesso mette i campioni su piedistalli irraggiungibili, la frase di Finn Fisher-Black – “Ti rendi conto che sono proprio come ragazzi normali” – risuona come un invito alla semplicità. Una verità che ci avvicina a quei corridori che sembrano extraterrestri solo quando spingono sui pedali, ma che fuori dalla bici restano ciò che sono sempre stati: esseri umani, con cuori che battono alla stessa velocità di chi li applaude.