Prima di essere un campione, era solo il loro figlio — Conosci la famiglia che ha costruito Tadej Pogačar
Quando pensiamo a Tadej Pogačar, il primo pensiero va ai suoi numeri da record: plurivincitore del Tour de France, dominatore delle classiche, talento puro che incanta con ogni pedalata. Ma dietro la sua forza, la sua determinazione e la sua umiltà, c’è qualcosa di molto più semplice e profondo: la sua famiglia.
Prima di essere un’icona mondiale, prima dei podi, prima della maglia gialla… Tadej era solo il figlio di Mirko e Marjeta, un bambino curioso e timido cresciuto tra le colline della Slovenia, in un villaggio che molti nel mondo non saprebbero nemmeno trovare su una mappa.
Questa è la storia di chi lo ha amato prima di tutti.
Di chi lo ha formato non come atleta, ma come uomo.
Klanec: il piccolo paese dove tutto è cominciato
Tadej è nato il 21 settembre 1998 a Komenda, ma ha trascorso la sua infanzia nella frazione di Klanec, un piccolo villaggio rurale immerso nel verde, dove le mucche pascolano ancora nei campi e le biciclette non sono status symbol, ma mezzi di trasporto quotidiani.
La casa della famiglia Pogačar era modesta ma piena di calore. Il padre, Mirko, lavorava come tecnico e appassionato di ciclismo; la madre, Marjeta, era bibliotecaria — donna colta, riservata, ma dal cuore gentile.
Nonostante le difficoltà economiche, i due hanno sempre messo al centro l’educazione, il rispetto e la libertà di sognare.
Tadej era il terzo di quattro figli. Crescere in una famiglia numerosa gli ha insegnato presto il valore della condivisione, del gioco, del compromesso. Ma soprattutto, ha imparato a farsi sentire con i fatti, non con le parole.
Le prime pedalate… in casa
La leggenda racconta che Tadej ha ricevuto la sua prima bicicletta all’età di due anni. Ma la realtà è ancora più tenera: era una bici giocattolo passata da suo fratello maggiore, Tilen, e le ruote cigolavano già al primo giro.
> “Pedalava nel corridoio di casa, facendo curve strette tra il divano e il tavolo,” ha raccontato una volta sua madre.
“Quando uscivamo nel cortile, non voleva mai smettere. Aveva qualcosa negli occhi. Una scintilla.
Quella scintilla non si è mai spenta.
Un’educzione fatta di valori, non di premi
Marjeta e Mirko non hanno mai spinto Tadej a diventare un campione. Non lo iscrivevano a dieci attività a settimana. Preferivano che leggesse, che esplorasse il bosco dietro casa, che facesse domande.
> “A tavola si parlava di tutto, non solo di sport,” ha raccontato la sorella Vita.
“Nostro padre diceva sempre: ‘Non mi interessa se vincete una gara. Voglio solo che diventiate persone che sanno amare.’
Questa visione si riflette ancora oggi in Tadej.
Nonostante la fama, rimane umile, attento, generoso, come se ogni volta che salisse sul podio sentisse la voce di sua madre sussurrargli: “Non dimenticare chi sei.”
La presenza silenziosa ma costante della famiglia
Durante le gare più importanti, la famiglia Pogačar c’è sempre. Mai sotto i riflettori, mai davanti alle telecamere, ma sempre lì, in silenzio, sugli spalti o dietro le transenne, con il cuore in gola e le mani che tremano.
Nelle interviste, Tadej li nomina spesso:
> “Quando ho una giornata difficile, penso a mio padre che mi guardava allenarmi sotto la pioggia. O a mia madre che mi preparava il tè caldo quando tornavo stanco.”
Durante il Tour de France 2023, un momento ha fatto il giro del web: dopo aver vinto una tappa estenuante, Tadej ha cercato con lo sguardo qualcuno tra il pubblico. Poi ha visto suo padre. Nessun urlo, nessun abbraccio plateale. Solo un gesto semplice: la mano sul cuore
La famiglia come fondamenta
Gli psicologi sportivi spesso dicono che i veri campioni hanno una base affettiva solida. Per Pogačar, quella base è la sua famiglia.
> “Non mi interessa essere il più forte,” ha detto una volta.
“Mi interessa non deludere chi ha creduto in me fin dal primo metro.”
Ogni salita, ogni attacco, ogni vittoria non è solo una prova di forza. È una lettera d’amore non detta alla sua famiglia.
Una radice che non si spezza mai
Anche ora che vive tra aerei, gare e interviste, Tadej torna regolarmente a Klanec. Cammina per le stesse strade, saluta i vicini per nome, va a trovare gli insegnanti delle elementari.
Quando gli chiedono perché non si è trasferito a Montecarlo come tanti altri ciclisti, lui risponde sorridendo:
> “Perché io sono ancora il figlio di Mirko e Marjeta. E qui, a casa, sono semplicemente Tadej. Ed è così che voglio restare.”
l’amore che ha costruito un campione
Oggi il mondo vede in Pogačar un simbolo di eccellenza sportiva. Ma chi guarda più in profondità, vede qualcosa di ancora più raro: un ragazzo che, nonostante il successo, non ha mai dimenticato da dove viene.
Prima di essere un campione.
Prima delle maglie.
Prima delle coppe.
Era solo il figl
io di due persone normali, che gli hanno insegnato a pedalare con le gambe…
…ma a vivere con il cuore.
